Quando si parla di lavoro con il corpo si pensa per lo più a una tecnica che possa modificarlo e renderlo migliore, cioè più bello e più forte.
Nel counseling a mediazione corporea quando si parla di lavoro con il corpo si parala invece principalmente dell’ascolto dei messaggi che il nostro corpo ci dà così com’è. Alla base di questo c’è l’idea che il corpo è molto di più del “contenitore dell’anima” ed è molto di più di un oggetto da manipolare.
Nel lavoro col counseling il corpo è prima di tutto il mezzo attraverso cui percepiamo il mondo sia esterno che interno. In questo senso è uno strumento comunicativo con noi stessi e con gli altri.
Il corpo è inoltre uno strumento espressivo. Le emozioni ma anche i pensieri si esprimono attraverso il corpo sia che noi lo vogliamo o no. Per questo il corpo è uno strumento comunicativo autentico e sincero, che bypassa i sistemi di censura della mente, siano essi di tipo educativo che di tipo personale. Proprio per questa sua caratteristica normalmente tutti noi abbiamo un sistema di censura anche delle reazioni corporee, un sistema che funziona solo parzialmente. Possiamo trattenere la rabbia ed evitare di urlare in faccia al nostro capo, ma il nostro corpo accumulerà quella energia non espressa in determinati organi che a lungo andare potranno iniziare a darci qualche disagio. Possiamo non piangere perché veniamo umiliati da chi amiamo ma a lungo andare il nostro sonno, solo per fare un esempio, ne può venire alterato.
Sebbene vi siano diversi sistemi di lettura che codificano le reazioni psicosomatiche per il momento li lascerei da parte. Non perché non siano utili, lo sono, ma rischiano di togliere la singolarità dell’individuo.
Lavorare con il corpo dunque significa fare un percorso per imparare ad ascoltare cosa ci sta dicendo attraverso l’ascolto dei sensi e di come essi sono legati ai nostri pensieri e alle nostre emozioni.
Una volta imparato il linguaggio del NOSTRO corpo il percorso continua con l’esplorazione di diversi modi espressivi così da poter scegliere quello più consono a noi e al momento specifico che stiamo vivendo.
Infine, e in contemporanea, ascolto del corpo ed espressione attraverso il corpo diventano parte integrante sia del processo di gestione delle emozioni che della mente perché in realtà mente, corpo e cuore sono un tutt’uno che noi scomponiamo solo per poterli mettere a fuoco meglio.
Usare il corpo nel counseling per me, nella mia professione, significa che una parte degli incontri individuali, di gruppo o di coppia sono sempre composti da esperienze, esercizi per capirci meglio, che servono a mettere a fuoco cosa il corpo sente e come il corpo esprime in relazione a ciò che ci stiamo dicendo a parole. Ma vuol anche dire che a volte al posto delle parole usiamo direttamente il corpo e il suo linguaggio, un linguaggio fatto di sensazioni e di percezioni, per esplorare il mondo emotivo e il mondo cognitivo.
Usare il corpo nell’esplorazione di sé non sostituisce le parole ma le integra, le arricchisce.
In genere il corpo si esprime molto prima della nostra mente. Sia nel benessere che ne malessere. Lo stress cronico, per esempio, si esprime prima con i mal di testa o di stomaco o con l’insonnia che con il pensiero di vivere una situazione stressante. Per cui ascoltare il corpo significa decisamente fare della prevenzione al malessere in modo da volgere la propria vita a un completo Ben- essere.
In senso un po’ più pratico gli strumenti che si possono utilizzare sono tanti.
Per me uno è fondamentale e mi accompagna più o meno in tutte le sedute, ed è il Breathwork. Il respiro, nelle sue molte forme, è sia uno strumento di scoperta che di gestione delle emozioni e dei pensieri. Il Breathwork si coniuga bene con altre due modalità di lavoro: la Mindfulness e L’Equilibrio Neuro Emozionale (NEI) che ci permettono di aumentare la nostra consapevolezza al di là delle parole e di apprendere come gestire il caos che a volte si scatena dentro di noi.